Composizione corporea
Protocollo di valutazione utilizzato per valutare l’eventuale presenza di overtraining con l’ausilio dell’analizzatore BIA-Dex® :
Monitoraggio della BCM Massa cellulare (Kg)
Monitoraggio dell’Angolo di Fase PA
Monitoraggio dei fluidi corporei (ICW – ECW)
Tali parametri possono aiutare il preparatore atletico a:
– Verificare i miglioramenti per evitare gli stati di sovrallenamento.
– Programmare il corretto allenamento (isotonico o aerobico); migliore scelta dei carichi di lavoro e tempi di recupero
– Programmare l’approccio nutrizionale
mascaretti srl facilities – composizione corporea
Diagnosi, trattamento, prevenzione
di Michele Fresiello – Vivereinforma
Nella prima parte dell’articolo abbiamo affrontato le basi fisiopatologiche dell’overtraining, le teorie a supporto di tale problematica e fornito vari strumenti che ritengo molto utili per l’atleta e per il trainer nella gestione del recupero e il monitoraggio della fatica. Oggi ci occuperemo di come andrebbe seguito l’atleta che presenta un determinato corredo sintomatologico dal punto di vista clinico, secondo un iter ragionato e scrupoloso in modo da dare il giusto peso ad ogni aspetto del quadro.
Quando un medico può ipotizzare di trovarsi di fronte ad una OST?
Per ipotizzare una possibile OST dobbiamo innanzi tutto trovarci di fronte un paziente che riferisce un calo d performance. Si parla sempre di ipotesi diagnostica, ovviamente, nei confronti della quale si procede attraverso vari step necessari ad escluderla o confermarla. Si tratta essenzialmente di una diagnosi clinica e anamnestica (ossia basata sulla storia del paziente):
– Performance in calo nonostante settimane o addirittura mesi di scarico (attivo o passivo)
– Turbe comportamentali, dell’umore, della sfera cognitiva in generale
– Esclusione di altre cause mediche di underperformance
Sotto quest’ultimo punto ricadono molte condizioni patologiche misconosciute o i cui sintomi sono stati presi precedentemente sottogamba dallo stesso atleta: asma, problemi tiroidei o ormonali di altra natura, diabete, carenza di ferro, malattie infettive, malnutrizione o disturbi alimentari. Invece, guardando al primo punto, è chiaro come di fronte ad un paziente che presenta cali di prestazione senza che sia trascorso un periodo più o meno lungo di stop dall’attività sportiva non si può asssolutamente avanzare un’ipotesi di sovrallenamento. In questo caso se, trascorse non più di due o tre settimane di stop, è possibile ritornare normalmente in attività, si può parlare di NFO (Non Functional Overreaching). Al contrario, se passato questo lasso di tempo i sintomi sono ancora presenti, con ogni probabilità siamo di fronte a una vera e propria sindrome da sovrallenamento.
Ovviamente la storia del soggetto deve includere anche notizie dettagliate riguardo alla frequenza e il volume degli allenamenti (nonché agli altri “triggers” mostrati in tabella); quest’ultimo un parametro fondamentale nella genesi della sindrome. È importante sapere anche se ci sono particolari momenti in cui il calo di prestazioni si fa più evidente: nei casi in cui c’è una componente psicologica dominante, sarà essenziale indagare se, ad esempio, l’atleta ha difficoltà a iniziare un allenamento oppure se il problema consiste nel non riuscire a portarlo a termine ma la “voglia” di allenarsi rimane forte.
Indagini consigliate
Il clinico ha il compito di escludere altre patologie di tipo organico, soprattutto quelle più temibili. Anche una neoplasia può determinare un calo della prestazione e sicuramente chiunque abbia “googlato” i propri sintomi si è trovato di fronte ad una possibile autodiagnosi di tumore con l’unico risultato di ritrovarsi con l’angoscia di non pensare ad altro per giorni e giorni. Per evitare queste situazioni, è sempre buona abitudine parlare prima di tutto con un medico di fiducia, farsi visitare, sottoporti agli esami che a seguito della visita riterrà più opportuni.
Esami del sangue che ci informano sulla salute dei nostri organi più “preziosi” è sicuramente il secondo passo, dopo un’adeguata visita medica: indici di funzionalità epatica, renale, elettroliti, emocromo, proteine dell’infiammazione, ormoni tiroidei, metabolismo lipidico e del ferro sono sicuramente da consigliare a tutti. Ovviamente in base ai sintomi ci saranno anche dei target specifici da considerare. Ad esempio nei pazienti con storia familiare di malattie cardiovascolari andremo a valutare in maniera specifica il cuore, tramite un ecocardiogramma e magari un test da sforzo sotto controllo elettrocardiografico. In pazienti con storia di allergia, anche pregressa, o iperreattività bronchiale, rinite, orticaria, sarà una buona idea effettuare test per valutare l’eventuale positività ad un allergene ed effettuare una prova spirometrica.
In letteratura ritroviamo numerosi studi che prendono in esame determinati markers biochimici ( tra cui i valori ematici di ferro, CK, vitamina B12, folati, markers immunologici) ma nessuno di essi risulta specifico né possiede sensibilità rilevante nel determinare la sindrome da sovrallenamento. Ciò che risulta abbastanza promettente, comunque con necessità di ulteriori evidenze, è la valutazione di alcuni parametri ormonali. Ma quando si parla di ormoni è intuibile che le variabili in gioco sono una moltitudine, dai ritmi circadiani degli stessi a condizioni che ne determinano la fluttuazione in acuto, soprattutto se si parla di ormoni legati allo stress.
Come non pensare al cortisolo? Ci si aspetterebbe livelli di cortisolemia sostanzialmente aumentati in atleti colpiti da OST, eppure in nessuno studio è stata evidenziata questa sostanziale differenza rispetto a soggetti sportivi sani. Il discorso si complica se pensiamo che il picco di cortisolo al risveglio non riflette i livelli di cortisolo libero basali durante la giornata e che l’escrezione renale dello stesso ormone è soggetta a marcata individualità.
Test fisiologici
Abbiamo capito che i markers biochimici hanno un valore limitato, quindi è necessario inserirli in un contesto più ampio, accanto a veri e propri test fisici. In letteratura troviamo alcuni studi interessanti (31, 32) che permettono di differenziare tra FO, NFO e OST con un grado di sicurezza accettabile: si valuta la risposta dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) a prestazioni sub massimali. Il test, chiamato two bout exercise protocol, consiste nel far svolgere all’atleta le due prove a distanza di 4 ore. Dopo ogni prova viene valutata la risposta dell’asse HPA dosando cortisolo, ACTH, GH, Prolattina. La differenza più sostanziale si è notata nella seconda prova nella quale è mancata una risposta adattiva adeguata allo stress indotto (ACTH ridotto, PRL aumentata) nei soggetti con OST. Le concentrazioni degli ormoni presi in esame era più alta nei soggetti NFO: è quindi confermata la mancanza di una fisiologica risposta adattativa all’esercizio nella OST. Infatti in questo aso non c’è possibilità di recupero, l’organismo non riesce a mettere in atto i sistemi che permettono di compensare e supercompensare in modo da affrontare un nuovo allenamento nel pieno delle capacità, tantomeno di migliorare.
Questo protocollo, purtroppo ancora poco usato, potrebbe essere uno strumento utilissimo in quanto mette in correlazione ottimale dati clinico-prestativi ed esami di laboratorio. Nella OST sembra addirittura che esista una sorta di non sensibilità ai glucocorticoidi, mentre nell NFO la sensibilità diventa più spiccata, in quanto l’organismo ha ancora le possibilità di recuperare e cerca di farlo a tutti i costi in maniera più “dispendiosa” possibile. E questa ipotesi è supportata anche dalla presenza di tutti quei sintomi correlati allo stress che possono comparire nei casi più gravi: depressione, disturbo simil-post traumatico, instabilità dell’umore.
Misure per il trattamento
Il rationale di qualunque terapia è andare alla radice del problema, alle cause, e cercare di combattere queste e non i singoli sintomi. Il cardine della cura in questo caso è sicuramente il riposo. Potrebbe sembrare facile a primo impatto, ma non lo è. Molto spesso l’atleta affetto da sovrallenamento sarà combattuto nell’affrontare tale “prescrizione”: è un atleta che è arrivato a quel punto per il troppo allenamento, quindi vuole allenarsi, vorrebbe sempre farlo, ma ciò che accade nella sua sfera emotiva lo mette di fronte a pensieri e stati d’animo contrastanti.
Quindi, dopo aver valutato le sensazioni dell’atleta e aver compreso la sua volontà di collaborare nel percorso di recupero, si cerca anche di andare incontro alle sue esigenze: innanzi tutto il periodo di inattività totale deve essere il più breve possibile. Ok, qui sono molto vago, lo ammetto. Ma si tratta di clinica, non si possono dare a priori numeri riguardo qualcosa che è così fortemente individuale. Proviamo a dare dei numeri indicativi, da prendere con le pinze:
– Come accennato in precedenza, 2-3 settimane di stop totale sarebbero ideali. Stop dalla propria attività fisica e da attività affini e intensità e volume. Per migliorare la compliance del paziente possiamo farlgi prendere in considerazione attività meno stressanti, anche “pseudo-sportive” o di svago, di puro lelax, ricercando tra i suoi interessi. Non dimentichiamo che una persona che si allena da sempre nelmomento in cui vede privarasi questa necessità vitale tenderà a perder entusiamo anche nelle altre attività. Aiutiamolo quindi a dare maggiore importanza anche ad altri suoi interessi, il tempo dello stop passerà più in fretta.
– Dopo questo primo periodo dare priorità al graduale aumento del volume allenante piuttosto che all’intensità. Iniziare anche con soli 10 minuti di attività e progredire nelle settimane fino ad arrivare a 45-60 minuti, con intensità moderate determinano un adattamento positivo iniziale e anche qui non danno la sensazione di “inadeguatezza! nei confronti dello sport.
– Nel frattempo ottimizzare nutrizione ed integrazione, correggere eventuali deficit nutrizionali (di macro e/o micronutrienti, elettroliti). I miglioramenti dell’umore e della sfera cognitiva dipenderanno in larga parte da questo aspetto.
– Raggiunta una fase di pieno recupero, sta al trainer e all’atleta stabilire dei nuovi target. La scelta di obiettivi diversi o in un’ottica diversa è essenziale per ritornare ad allenarsi con la giusta motivazione.
Alla luce di quanto esposto finora, tutto ci indica che l’overtraining, data la patogenesi non definita ma sicuramente multifattoriale, è difficilmente prevedibile e in parte altrettanto non prevenibile. Se non altro perché è molto raro assistere ad una OST conclamata e perché il buon senso di atleta e coach, uniti all’esperienza di entrambi, dovrebbero essere la base del percorso sportivo. Non esiste prevenzione senza la profonda cultura nel campo in cui si opera (e il continuo aggiornamento) che non deve mancare a nessuna delle parti in gioco, la capacità comunicativa e il continuo scambio di feedback tra allenatore e atleta. L’allenamento deve rispettare criteri di periodizzazione, recupero attivo e passivo; l’alimentazione deve essere curata ma non diventare un regime insostenibile.
Tutte cose che sembrano ovvie, ma non lo sono quando la voglia di fare di più diventa un’ossessione e si dimentica che senza la salute la performance non può esistere.
Appendice: gli adattogeni naturali
In questo contesto mi sembra doveroso quantomeno accennare a sostanze naturali capaci di aiutare il nostro organismo a ripristinare equilibri alterati soprattutto in relazione allo stress. Aiutare, badate bene, non risolvere da sole situazioni patologiche o essere un deterrente per strafare.
Il termine indica semplicemente qualcosa in grado di determinare un generale miglioramento delle condizioni psicofisiche: incremento della resistenza alla fatica, regolazione delle funzioni metaboliche, e un miglioramento delle capacità cognitive.
Parliamo essenzialmente di adattogeni vegetali, tra i più utili e con ottimi risultati nella pratica troviamo:
– Eleuterococco (Eleuterococcus Senticosus Maxim)
– Gymnostemma (Gynostemma Penaphyllym)
– Ginseng Coreano (Panax Ginseng Meyer)
– Cordyceps sinensis
– Suma (Pfaffia Paniculata)
– Muira Puama
– Maca (Lepidium meyenii)
Sono piante che si possono reperire facilmente in qualunque erboristeria ben fornita (sotto forma di taglio tisana o tintura madre, prevalentemente). Se si confrontano i principi attivi e il loro reale effetto su un organismo stressato e con problemi di recupero ognuno di loro apporta più o meno gli stessi benefici contro la stanchezza e la l’affaticamento precoce, migliorano il focus e la memoria ma anche la funzionalità cardiaca agendo su fattori di tipo vegetativo e sul metabolismo energetico, con blandi effetti “anabolizzanti” (questi si sa, possiamo definirli “virtuali” quando si parla di sostanze naturali). Come ogni principio attivo che si rispetti si possono avere anche effetti collaterali durante il loro utilizzo. Però i sides di questi adattogeni sono davvero pochi e spesso inconsistenti se utilizzati a dosi adeguate e in momenti della giornata propizi. Per lo più alcune persone possono lamentare nausea o insonnia se assunti nella seconda parte della giornata in dosi consistenti. Ovviamente è raccomandazione essenziale evitare di assumerli in caso di qualsiasi patologia in atto o situazione “para”fisiologica (gravidanza, allattamento) senza aver prima consultato un medico.
Riferimenti
– Angeli A, Minetto M, Dovio A, et al. The overtraining syndrome in athletes: a stress-related disorder. J Endocrinol Invest. 2004;27: 603-612.
– Armstrong LE, VanHeest JL. The unknown mechanism of the overtraining syndrome: clues from depression and psychoneuroimmunology. Sports Med. 2002;32:185-209.
– Budgett R. Fatigue and underperformance in athletes: the overtraining syndrome. Br J Sports Med. 1998;32:107-110.
– Budgett R, Hiscock N, Arida R, et al. The effects of the 5-HT2C agonist m-chlorphenylpiperazine on elite athletes with unexplained underperformance syndrome (overtraining). Br J Sports Med. 2010;44:280-283.
– Budgett R, Newsholme E, Lehmann M, et al. Redefining the overtraining syndrome as the unexplained underperformance syndrome. Br J Sports Med. 2000;34:67-68.
– Castell LM, Poortmans JR, Leclercq R, et al. Some aspects of the acute phase response after a marathon race, and the effects of glutamine supplementation. Eur J Appl Physiol. 1997;75:47-53.
– Costill DL, Flynn MG, Kirwan JP, et al. Effects of repeated days of intensified training on muscle glycogen and swimming performance. Med Sci Sports Exerc. 1988;20:249-254.
– Edwards KM, Burns VE, Ring C, Carroll D. Individual differences in the interleukin-6 response to maximal and submaximal exercise takes. J Sports Sci. 2006;24(8):855-862.
– Fry RW, Grove JR, Morton AR, et al. Psychological and immunological correlates of acute overtraining. Br J Sports Med. 1994;28(4):241-246.
– Fry RW, Morton AR, Keast D. Overtraining in athletes: an update. Sports Med. 1991;12(1):32-65.
– Gabriel H, Kindermann W. The acute immune response to exercise: what does it mean? Int J Sports Med. 1997;18(1)(suppl):S28-S45.
– Gouarne C, Groussard C, Gratas-Delamarche A, et al. Overnight urinary cortisol and cortisone add new insights into adaptation to training. Med Sci Sports Exerc. 2005;37:1157-1167.
– Gustafsson H, Holmberg H, Hassmen P. An elite endurance athlete’s recovery from underperformance aided by a multidisciplinary sport science support team. Eur J Sport Sci. 2008;8(5):267-276.
– Halson SL, Jeukendrup AE. Does overtraining exist? An analysis of overreaching and overtraining research. Sports Med. 2004;34(14):967-981.
– Halson SL, Lancaster GI, Jeukendrup AE, et al. Immunological responses to overreaching in cyclists. Med Sci Sports Exerc. 2003;35(5):854-861.
– Hiscock N, Pedersen BK. Exercise-induced immunosuppresion: plasma glutamine is not the link. J Appl Physiol. 2002;93:813-822.
– Hohl R, Ferraresso RL, DeOliveira RB, et al. Development and characterization of an overtraining animal model. Med Sci Sports Exerc. 2009;41(5):1155-1163.
– Hooper S, MacKinnon LT, Hanrahan S. Mood states as an indication of staleness and recovery. Int J Sport Psychol. 1997;28:1-12.
– Hynynen A, Uusitalo A, Konttinen N, et al. Heart rate variability during night sleep and after awakening in overtrained athletes. Med Sci Sports Exerc. 2006;38(2):313-317.
– Kentta G, Hassmen P. Overtraining and recovery: a conceptual model. Sports Med. 1998;26(1):1-16.
– Koutedakis Y, Sharp NC. Seasonal variations of injury and overtraining in elite athletes. Clin J Sport Med. 1998;8(1):18-21.
– Lehmann M, Foster C, Keul J. Overtraining in endurance athletes: a brief review. Med Sci Sports Exerc. 1993;25(7):854-862.
– Mackinnon LT. Chronic exercise training effects on immune function. Med Sci Sports Exerc. 2000;32(7)(suppl):S369-S376.
– Mackinnon LT, Hooper SL. Mucosal (secretory) immune system responses to exercise of varying intensity and during overtraining. Int J Sports Med. 1994;15(3)(suppl):S179-S183.
– Mackinnon LT, Hooper SL. Plasma glutamine and upper respiratory tract infection during intensified training in swimmers. Med Sci Sports Exerc. 1996;28(3):285-290.
– Margonis K, Fatouros IG, Jamurtas AZ, et al. Oxidative stress biomarkers responses to physical overtraining: implications for diagnosis. Free Radic Biol Med. 2007;43(6):901-910.
– Matos NF, Winsley RJ, Williams CA. Prevalence of non-functional overreaching/overtraining in young English athletes. Med Sci Sports Exerc. 2011;43(7):1287-1294.
– Meehan HL, Bull SJ, Wood DM, et al. The overtraining syndrome: a multicontextual assessment. Sports Psychol. 2004;18:154-171.
– Meeusen R, Duclos M, Gleeson M, et al. The overtraining syndrome: facts and fiction. Eur J Sport Sci. 2006;6(4):263.
– Meeusen R, Duclos M, Gleeson M, et al. Prevention, diagnosis and treatment of the overtraining syndrome: ECSS Position Statement Task Force. Eur J Sport Sci. 2006;6(1):1-14.
– Meeusen R, Nederhof E, Buyse L, et al. Diagnosing overtraining in athletes using the two-bout exercise protocol. Br J Sports Med. 2010;44:642-648.
– Meeusen R, Piacentini MF, Busschaert B, et al. Hormonal response in athletes: the use of a two bout exercise protocol to detect subtle differences in (over)training status. Eur J Appl Physiol. 2004;91:140-146.
– Morgan WP, Brown Dr, Raglin JS, et al. Psychological monitoring of overtraining and staleness. Br J Sports Med. 1987;21:107-114.
– Morgan WP, Costill DL, Flynn MG, et al. Mood disturbance following increased training in swimmers. Med Sci Sports Exerc. 1988;20(4):408-414.
– Morgan WP, O’Connor P, Sparling P, et al. Psychological characterizations of the elite female distance runner. Int J Sports Med. 1987;8:124-131.
– Nederhof E, Lemmeink K, Visscher C, et al. Psychomotor speed, possibly a new marker for overtraining syndrome. Sports Med. – O’Connor PJ, Morgan WP, Raglin JS, et al. Mood state and salivary cortisol levels following overtraining in female swimmers. Psychoneuroendocrinology. 1989;14(4):303-310.
– Pearce PZ. A practical approach to the overtraining syndrome. Curr Sports Med Rep. 2002;1:179-183. Walsh NP, Blannin AK, Robson PJ, Gleeson M. Glutamine, exercise and immune function. Sports Med. 1998;28(3):177-191.