Composizione corporea

 

Nel corso della vita, l’organismo umano viene sottoposto a variazioni biologiche attraverso modificazioni del peso corporeo, FFM Massa magra, BCM Massa cellulare metabolicamente attiva, FM Grasso corporeo e fluidi in funzione dell’età, sesso, somatotipo, attività fisica genetica etc.

Nello sport agonistico e amatoriale il monitoraggio continuo della composizione corporea è fondamentale per fissare obiettivi e formulare i relativi programmi di allenamento e nutrizionali al fine del raggiungimento dei migliori risultati agonistici e della forma fisica.

L’analisi della Composizione corporea è pertanto considerata come una delle componenti essenziali poiché fornisce un profilo fisiologico dettagliato del soggetto.
La BCM massa cellulare compartimento che in funzione del suo valore viene considerato un parametro di idoneità fisica può essere ottenuta attraverso un esame non invasivo eseguito con un dispositivo professionale sensibile alla fase (BIA-Dex).

 

     

 

La valutazione e il monitoraggio nel tempo della BCM  e dell’ICW Fluidi intracellulari è importante per verificare gli effettivi incrementi in termini di massa muscolare sui vari soggetti ed in particolare su quelli sottoposti ad uno specifico carico di lavoro.

mascaretti srl facilities – composizione corporea

 


Aumentare la frequenza degli allenamenti per aumentare la massa muscolare

di Marco Testa – Vivereinforma

 

Il soggetto ectomorfo

L’ectomorfo, nel mondo della palestra, è sicuramente uno degli esseri considerati più sfortunati. Detto anche “hardgainer”, questo soggetto fatica molto a costruire massa muscolare. L’argomento dal punto di vista dietetico (ma anche con cenni generali su questo biotipo) è già stato trattato dal Dott. Salvadori.

Per quanto riguarda l’allenamento, si tende (soprattutto in Italia) a dire che questo soggetto tragga beneficio da allenamenti brevi, intensi, e soprattutto infrequenti.

Questa idea nasce dal fatto che si dica che l’ectomorfo abbia più difficoltà a recuperare, e che necessiti quindi di tempi più lunghi tra un allenamento e il successivo. Per cui si tende a farlo lavorare con allenamenti molto intensi e portati al cedimento, per poi lasciargli parecchi giorni per recuperare e “supercompensare”.

Proviamo però a fare un ragionamento differente, partendo dai meccanismi che portano all’ipertrofia. L’ipertrofia (cioè un aumento di volume delle cellule muscolari, che sia di tipo miofibrillare, quindi un aumento vero e proprio del volume delle proteine contrattili, o sarcoplasmatico, cioè un aumento del citoplasma della miocellula) avviene quando per un periodo di tempo abbastanza lungo il tasso di sintesi delle proteine supera quello di degradazione.

 

Tasso di sintesi proteica

Cosa stimola l’aumento del tasso di sintesi proteica? Due cose: in termini macroscopici, l’allenamento, l’alimentazione, e lo status psicofisico della persona. Questo va a influire su ciò che succede a un livello più microscopico: adattamenti ormonali, metabolici, ecc…

Tralasciando la questione dietetica, concentriamoci su ciò che l’allenamento induce. Citando testualmente ciò che scrive il dott. Tortora:

“Esercizio contro resistenza (sport di potenza). L’allenamento con i pesi pare stimolare la sintesi proteica in maniera consistente: di oltre il 50% per un periodo di circa 48 ore. Sembra tuttavia che non sia sufficiente la sola intensità, ma è necessario un certo volume perché questo tasso di sintesi venga stimolato. Comunque, dal momento che è ovvio che la ritenzione proteica muscolare non aumenta del 50% dopo allenamento (il che vorrebbe dire un aumento di peso e circonferenze muscolari di circa la metà ad ogni allenamento… magari!), è chiaro che aumenta anche il catabolismo proteico.”

ed ancora:

“Quanto durano gli effetti sul metabolismo proteico indotti dall’esercizio fisico? Per quanto riguarda gli sport di potenza, caratterizzati prettamente da esercizi di potenza, gli effetti durano fino a 48 ore. Spesso viene posta la domanda: “Assodato che uno sportivo di potenza debba assumere un po’ più proteine, queste devono essere aumentate solo nei giorni di allenamento?”; la risposta a questa domanda è “No”, proprio per la durata degli effetti sul turnover proteico indotti dall’allenamento: fino a 48 ore, se ci si allena dalle 2 alle 5 (o più) volte settimanali, significa che il turnover proteico è costantemente aumentato.”

Sappiamo dunque che, a seguito di un allenamento, il tasso di sintesi proteica rimane alto per circa 48 ore. È vero, come detto sopra, che anche il catabolismo proteico aumenta, ma, sempre citando gli articoli del dott. Tortora:

“A seguito dell’esercizio fisico si registra un aumentato tasso di catabolismo delle proteine muscolari. Questo sembra essere maggiore nei soggetti non allenati, mentre dopo adattamento il catabolismo indotto dall’esercizio diminuisce. Per questo motivo, sarebbe bene aumentare gli introiti alimentari in generale e proteici-aminoacidici in particolare nelle prime fasi dell’allenamento (per i principianti) o della programmazione (per persone già allenate), in quanto in queste ultime si sottopone l’organismo a carichi di lavoro di una certa entità.

Comunque, l’aumento della velocità di degradazione proteica non sembra superare quello della velocità di deposizione degli aminoacidi nelle proteine muscolari: ciò vuol dire che l’allenamento, contro resistenza o in grado di generare un “nuovo stimolo” (per quanto riguarda quello ciclico/dinamico, questo è vero per chi inizia a fare sport), in condizioni di adeguata dieta, dona un effetto “ricomposizione corporea”.”

Quindi il tasso netto di ritenzione proteica pare rimanga positivo per circa 48 ore dopo l’allenamento.Questo cosa ci dice? Che se già l’ectomorfo è restìo a mettere massa muscolare, allenamenti troppo rarefatti potrebbero essere controproducenti, risultando deallenanti.

 

Turnover proteico

Immaginate infatti il turnover proteico come un’altalena a cui dovete sempre dare una “spintarella” (con l’allenamento) per far sì che l’ampiezza delle oscillazioni (e quindi della sintesi proteica) sia consistente. L’altalena di un “non ectomorfo” ha una leva lunga, che quindi ha bisogno di una spinta forte, ma non così frequente. Quella di un ectomorofo, al contrario, è paragonabile a una altalena con un braccio molto corto: se non viene spinta molto frequentemente, rallenta molto presto.

Questo suggerirebbe quindi di aumentare la frequenza degli allenamenti (dunque diminuire la distanza tra un allenamento e il successivo). Allenare nuovamente lo stesso gruppo muscolare a distanza di 48 ore ci permetterà di mantenere sempre attivi i meccanismi di cui sopra.

Rimane però il problema delle scarse capacità di recupero. Come ovviare? Non lavorando a cedimento. Quindi bisognerebbe fare lavori da Powerlifter? Non proprio. È giusto fare lavori di intensità (intesa come percentuale di carico rispetto al massimale) per massimizzare il reclutamento muscolare, ma il lavoro mirato all’ipertrofia, rispetto a quello mirato solo e soltanto all’incremento della forza, necessita (anche) di maggior tempo sotto tensione.

 

Approccio

Quindi, in sostanza, l’approccio che deriva dai ragionamenti appena spiegati è di fare un lavoro:

• In cui c’è una grossa componente di intensità (carico), che sembra essere il motore primario che avvia la sintesi proteica, stimolando la sintesi di mRNA, con esercizi però non portati a cedimento (e.g. serie da 2-3 ripetizioni su esercizi multiarticolari di base).

• In cui c’è anche un buon tempo sotto tensione, quindi con serie di ripetizioni medie ma, a differenza di come spesso si fa, anch’esse non portate a cedimento (e.g. serie da 6-8 ripetizioni).

• Un eventuale lavoro di “pompaggio”, ma non troppo protratto, per aumentare la vascolarità del distretto e facilitare anche lo smaltimento dei metaboliti di scarto.

La differenza con il classico “pump” che spesso si fa, è che quest’ultimo viene spesso portato avanti finché si viene letteralmente bloccati dal “bruciore muscolare”. In questo caso invece, volendo evitare il cedimento, non si arriva a quel punto (e.g. un esercizio, volendo anche monoarticolare, con serie da 12-15 ripetizioni, ma con un carico che ne permetterebbe 20).

Probabilmente le tre indicazioni che ho appena dato sembreranno banali, scontate e già viste, perché è il più classico schema base da Bodybuilding. La differenza qui è che si cerca di rimanere lontani dal cedimento, che è il fattore dal quale il corpo (a maggior ragione quello di un ectomorfo) fatica a recuperare, in modo che ci si possa allenare nuovamente a distanza di 48 ore, sfruttando i meccanismi spiegati prima.

Aggiungo un accorgimento. Se avete letto con attenzione avrete notato come, nelle parti in cui cito il dott. Tortora, sia indicato che il tasso di degradazione proteica durante l’allenamento sembra essere maggiore nei soggetti non allenati, mentre dopo adattamento il catabolismo indotto dall’esercizio diminuisce. Quindi può essere utile, per i principianti fare una fase di “adattamento”, eventualmente anche più rarefatta, per poi passare a una più alta frequenza allenante.

 

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