Fruttosio e composizione corporea – parte 2

di Vincenzo Tortora

 

Effetti del fruttosio sull’accumulo di grasso

Nella prima parte è stato illustrato che non c’è bisogno di temere il fruttosio e possono essere ipotizzate delle quantità “limite” da assumere per questo zucchero. Per capire i motivi per cui non bisognerebbe temerlo, nel modo in cui la “tradizione” ha tramandato, è opportuna una lezioncina di Biochimica che verta sul metabolismo di questo zucchero all’interno dell’organismo. Occorre prima parlare del metabolismo del glucosio, in modo da porre le basi per una più facile comprensione del metabolismo del fruttosio.

 

Metabolismo epatico del glucosio

Nel fegato, il glucosio, una volta che ha fatto il suo ingresso, viene convertito in glucosio-6-fosfato da un enzima chiamato glucochinasi. In questo modo, il cambio di conformazione del glucosio per aggiunta di un fosfato fa si che esso rimanga “intrappolato” all’interno della cellula epatica, pronto per essere metabolizzato.

Il destino del glucosio-6-fosfato non è univoco: da esso può essere sintetizzato glicogeno, si può ricavare energia o può essere formato un composto differente, il fruttosio-6-fosfato. Questo è convertito, tramite una reazione reversibile, in fruttosio-1,6-bisfosfato dalla fosfofruttochinasi (PFK); l’enzima che catalizza la reazione inversa è, senza molta fantasia, la fruttosio-1,6-bisfosfatasi.

Il fruttosio-1,6-bisfosfato può essere convertito in modo reversibile in due ulteriori composti: la gliceraldeide-3-fosfato e il diidrossiacentone-fosfato. La prima è convertita in piruvato, dal quale si ottiene acetil-CoA, che può entrare nel ciclo di Krebs per la produzione di ATP. L’ATP regola, infatti, l’attività della fosfofruttochinasi: se è presente tanto ATP, non serve che ne venga prodotto ancora, dunque viene messo un freno alla produzione di gliceraldeide-3-fosfato.

Il diidrossiacetone-fosfato può essere convertito in glicerolo-3-fosfato, dal quale si ottiene acil-CoA, che entra nella via della lipogenesi; anche l’acetil-CoA, comunque, può fornire acil-CoA per la lipogenesi. Secondo quanto detto, il regolatore chiave che determina il destino del glucosio è la fosfofruttochinasi (come detto nella parte 1): se verrà formato glicogeno, energia o grasso a partire dal glucosio dipende da questo enzima.

 

Metabolismo epatico del fruttosio

Il problema col fruttosio è quello annunciato nella prima parte dell’articolo: “bypassa” la PFK. Infatti, il fruttosio viene fosforilato dalla fruttochinasi, divenendo fruttosio-1-fosfato. Questo composto può essere convertito in diidrossiacetone fosfato o gliceraldaide; quest’ultima viene convertita in gliceraldeide-3-fosfato. Da questo punto in poi, tutto procede come per il metabolismo del glucosio, dunque a monte non c’è la PFK a regolare il tasso di sintesi del glicerolo-3-fosfato o dell’acetil-CoA.

Una regolazione, comunque, in realtà esiste e dipende in ultima istanza dal contesto, come sarà descritto a breve. Bisogna infatti considerare che sebbene il fruttosio bypassi la via della PFK, non necessariamente qualsiasi quantità di fruttosio provoca accumulo di grasso. La quantità “limite”, come scritto nella parte 1, è stata stabilita in circa 100 grammi/die o il 20% delle calorie totali ingerite (anche se non bisognerebbe considerare il potenziale calorico degli alimenti – come sarà descritto in articoli succesisiv – in questo caso può dare un utile riferimento) (Am J Clin Nutr. 1993 Nov – Dietary fructose effects on lipoprotein metabolism and risk for coronary artery disease.).

 

L’importanza del contesto

Come detto, il contesto è fondamentale per comprendere che, sebbene il fruttosio possa bypassare la via della PFK, non necessariamente si trasformi in grasso. Infatti, lo zucchero in questione può essere riconvertito in glucosio o stoccato come glicogeno. La regolazione avviene per opera dell’enzima fruttosio-1,6-bisfosfatasi, che converte il fruttosio-1,6-bisfosfato (proveniente dal diidrossiacetone-fosfato) in fruttosio-6-fosfato. Quest’ultimo può essere convertito in glucosio-6-fosfato e quindi utilizzato per lo stoccaggio del glicogeno.

Alcuni fattori stimolano l’attività della fruttosio-1,6-bisfosfatasi, in modo da “dirottare” il fruttosio dalla temuta via della lipogenesi, verso la produzione di glicogeno. Tra questi fattori attivanti l’enzima risultano il deficit energetico o, meglio, l’attività fisica (Biochem J. 1983 Jun 15 – Metabolic control of hepatic gluconeogenesis during exercise.) e le proteine del siero di latte (whey protein) (Exp Biol Med (Maywood). 2005 Jan – Dietary whey protein modulates liver glycogen level and glycoregulatory enzyme activities in exercise-trained rats.), suggerendo un potenziale ruolo delle whey protein nel controllo del peso e composizione corporea.

Il fatto che l’esercizio possa dirottare il fruttosio verso la formazione di glicogeno è molto importante per chi pratica sport a livello medio-alto: il fruttosio, durante l’esercizio, aumenta la quantità di glicogeno formata e successivamente degradata per formare energia, nel fegato, proteggendo le scorte di glicogeno muscolare (J Appl Physiol (1985). 1986 Oct – Carbohydrate metabolism in fructose-fed and food-restricted running rats.).

Esiste una correlazione positiva tra i livelli di glicogeno epatico e la velocità con cui il fegato produce grasso (Biochem J. 1988 Jun – Regulation of hepatic fructose 2,6-bisphosphate concentrations and lipogenesis after re-feeding in euthyroid and hyperthyroid rats. A regulatory role for glycogenesis.). Esiste anche una correlazione negativa tra il tasso di resintesi del glicogeno epatico ed il tasso di liposintesi (5). Per questi motivi, chi è impegnato in un programma di allenamento e, per di più, sta controllando il peso tramite un certo grado di restrizione calorica, non dovrebbe temere il fruttosio: questo zucchero non ha effetti sull’ossidazione dei grassi quando il dispendio energetico supera l’introito alimentare (Obes Res. 2000 Oct – Post-exercise substrate utilization after a high glucose vs. high fructose meal during negative energy balance in the obese.).

 

Conclusioni

Certamente l’eccesso di fruttosio (come di tutto) può essere un problema, ma chi si concentra su di esso dimenticando il resto commette grossolani errori di concetto e di valutazione. Una persona impegnata in un programma di dimagrimento, posta dunque in deficit energetico e con adeguata attività fisica, non deve temere il fruttosio e può consumare in tutta tranquillità alimenti come la frutta.

 

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parte 1

 

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